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Corso di arrampicata: ecco come ho trovato quello piu adatto a me

Avere un’attività, qualsiasi essa sia, significa che devi lottare quotidianamente con la concorrenza, che devi promuoverla e, soprattutto che devi avere nuovi clienti. Se non hai clienti chiudi bottega, questo è un dato di fatto. Ma come fare ad avere nuovi clienti? Un conto è se si ha un e-commerce, dove si vendono prodotti magari anche di varie categorie, un conto è quando l’attività da promuovere è, se non di nicchia, comunque particolare, per cui occorre un’attività di promozione mirata. La lead generation è la soluzione perfetta anche per la tua attività.

Corso di arrampicata, trova subito il tuo target

Ci sono attività che oggettivamente devono essere spinte in modo differente da altre, perché il rischio è quello di perdere denaro e non arrivare al risultato. Un corso di arrampicata sportiva, per esempio, va promosso secondo il canale giusto in modo da trovare nuovi clienti che, in questo caso, corrispondono a nuovi iscritti. Il primo ragionamento che si deve fare è che ci sono vari livelli di difficoltà, per cui un corso base ha sempre bisogno di nuovi iscritti, mentre un corso avanzato può contare sui vecchi iscritti che hanno già frequentato un corso base, bisogna quindi differenziare le attività di lead in considerando questa discriminante.

Se portare i vecchi “clienti” a frequentare un corso avanzato, può risultare più semplice, conquistare nuovi adepti può sembrare più complesso. In realtà non è così, bisogna solo differenziare le attività di lead generation per conquistare subito il target giusto, con minore spesa possibile e col maggior profitto possibile, quindi seguendo la regola del minima spesa massima resa. Ma come farlo? Un’attività di lead generation che in questo caso funziona bene è il referral marketing abbinato a delle attività di social marketing.

Passaparola e contenuti virali

Il passaparola, o referral marketing è molto utile quando si tratta di pubblicizzare attività come quelle di arrampicata o di altri sport ce non sono per dilettanti e dove il fai da te non esiste. Per promuovere bene il tuo corso devi scegliere bene il tuo target. Quindi per andare a colpo sicuro puoi utilizzare il passaparola, facendo così parlare bene della tua attività i tuoi clienti, quindi chi già frequenta i tuoi corsi. I feedback positivi sono importantissimi.

A questo devi abbinare un’attività di social marketing, quindi avere una pagina del tuo corso dove inserisci regolarmente contenuti di qualità che diventeranno virali. Possono essere contenuti testuali, immagini, o anche video attinenti a ciò che stai promuovendo. Puoi avviare anche un contest, dove regali qualcosa, magari una guida per principiante, in cambio dei contatti. Inizierai a generare una lista che sarà il punto di partenza per avere nuovi clienti.

Per promuovere il tuo corso di arrampicata ti basta davvero poco, devi solo trovare il target mirato per non disperdere il tuo budget, clicca  qui e scopri come fare lead generation e avere sempre nuovi iscritti al tuo corso.lead-generation-02

Haute Route Chamonix-Arolla

Giovedi’ 17  A Sion lasciamo un’auto per riprenderla al ritorno e chiudere il giro.Dopo una sosta cena all’ottimo ristorante del tornante sopra Martigny con vista notturna sulla città’ raggiungiamo Trelechamp prima di Argentiere dove dormiamo in una modestissima Gite.

Venerdi’ 18 Dopo colazione ci portiamo in auto alla funivia di Argentiere. Saliamo fino all’Aguille des Grands Montets 3290mt con due funivie. La giornata e’ spettacolare e ci lustriamo gli occhi difronte al massiccio del M.Bianco e il suo contorno.Si inizia con una discesa su ottima neve sul ghiacciaio di Argentiere a 2650mt attraversato e risalita al col du Chardonnet 3320mt. Dall’altra parte c’e’un ripido canalino da scendere legati con piccozza e ramponi per 60mt per la scarsa neve. Rimessi gli sci si prosegue in costa sotto l’Aguille du Chardonnet e la Punta Forche fino a 3050mt per poi risalire la Fenetre de Saleina a 3263mt di cui gli ultimi 50mt con gli sci in spalla per la ripida pendenza. Dal colle stando alto a destra si scende dolcemente sul plateau de Trient fino al col d’Orny; la capanna omonima 3170mt e’ di fronte e per raggiungerla ci sono ancora 70mt di salitina. Per questa sera siamo solo noi tre i clienti! Il bellissimo tramonto ravviva un’ottima cena (voto 7).Il posto letto e’ con piumino. Giornata di sole, dalle 10 alle 16.30

Sabato 19 Usciamo dal rifugio alle 6 con la frontale e scendiamo 70 mt al col d’Orny per poi risalire dolcemente al col de Plines 3280mt dove il vento lascia solo pochissima neve per passare dietro la cornice. Su neve durissima si scende il ripido ghiacciaio des Plines e poi attraversato il ghiacciao de Saleina a 2830mt si risale verso il col de Saleina 3417mt a sinistra del Grande Lui. L’ultima parte e’ molto ripida sui 50 gradi e ci leghiamo. Sono tre tiri da 50mt assicurati su chiodo da ghiaccio, piccozza, spuntone di roccia con ramponi e sci in spalla diretti sulla nord. Al colle si apre una lunga discesa al sole sul ghiacciaio l’A Neuve fino al paese di La Fouly a 1600mt. La neve in alto e’ sciabilissima e piu’ sotto inizia a cedere al sole del mezzogiorno. Su un pendio sotto il Mont Dolent, sprofondo, si infossa e si stacca uno sci, sono su un buco dove la neve non tiene il peso della gamba senza sci e delle racchette. Mi sposto a fatica verso destra per risalire due metri e cercare l’altro sci sotto un metro di neve. Una faticaccia da sudare per dieci minuti! Piu’ sotto ancora cadute e affossamenti di sci. Al paese siamo all’ albergo Edelweiss con doccia e letto con piumino! Per il pranzo assiette con formaggi e salumi e per cena il piatto forte e’ l’anatra. Giornata di sole, dalle 6 alle 13.15

Domenica 20 Super colazione con dolce, salato,frutta, una meraviglia! Partiamo sci in spalla per un Km sulla strada poi ai piedi per Ferret e Les Arc de Dessous a 2000mt attraversando sul versante destro sei slavine giganti con blocchi di neve che sembrano piccoli penitentes: Da qui inizia la salita al Col de Planard 2735mt su pendio ripido poi piu’ dolce e canale finale sui 35 gradi che e’ appena slavinato, con neve non durissima, attraversando in cima proprio la linea di inizio slavina con brividi a ogni giravolta! Al colle di fronte la vista e’sul Gran Combin e alle spalle la Nord delle Grandes Jorasses e l’Aguille de Peuterey. La discesa verso la strada del Gran S.Bernardo e’ lunga e piacevole fino ai 2200mt poi un lungo fondovalle in semipiano fino alla diga del lago des Toules 1800mt. Si attraversa e si scende la strada statale sci in spalla per 2,5 Km fino al paese di Bourg St.Pierre 1630mt. Alberghetto con doccia e letto con piumone! Per cena fondue al formaggio. Giornata di sole, dalle 8.15 alle 16.30

Lunedi’ 21 Colazione abbondante e via per la Cabane de Valsorey 3037mt. Oggi tutta salita. Si inizia con buona neve che poi, anche per slavinette, manca sul fianco sinistro per cui scendiamo in fondo valle fino a una piccola diga e un laghetto da aggirare con ripida risalita e bordeggiare sulla destra. Passa Nicolo’, passo io ma la neve cede sotto il peso e mi trovo con uno sci con la punta infossata e l’altro con la coda infossata. Devo staccare uno sci con la certezza di sprofondare in acqua; invece il manto nevoso fa da zoccolo e non mi bagno neanche l’altro piede! Facciamo catena per passare sci e bastoni, aiuto MariaGrazia e passiamo su questa specie di terrazzino di neve . Dietro di noi ci sono altre sette persone che sono costrette a guadare il fiumiciattolo per avanzare. Subito dopo c’e’ una risalita dura per pendenza e poco spazio e piante varie. MariaGrazia fatica ed ha l’unico momento di debolezza della traversata. Si esce sul vallone, si attraversa un ponticello a sinistra per ritrovare il sentiero. In fondo al vallone c’e’ un piccolo canyon con ghiaccio e sci a mano per mancanza di neve. Poi il pendio finale preso alla larga, 800mt sotto il sole cocente senza aria. Alla destra il Mont Velan con la sua capanna stile futurista, davanti il Gran Combin e dietro il Monte Bianco! Ad ogni giravolta metto in bocca e in testa un pugno di neve per mitigare il caldo. Ad un certo punto la traccia e’ coperta da una slavina a pera molto grande e spessa. Ci dira’ il rifugista che l’ha provocata il giorno prima una persona cadendo su una giravolta! A circa 2950mt la capanna appare sulla sinistra ma il pendio e’ troppo ripido per cui bisogna aggirarlo e si arriva dall’alto. Siamo i primi di giornata, poi arrivano scandinavi, spagnoli, svizzeri, circa 20 scialpinisti. Merenda con the e torta crostata e cena con arrosto.( voto 6) A sera mi accorgo di aver dimenticato i guanti pesanti all’alberghetto a Bourg St.Pierre! Giornata di sole, dalle 7.30 alle 14.10

Martedi’ 22 Lasciamo il rifugio che e’ ancora buio con la frontale e dopo un’ora e 300 mt con i rampanti ci leghiamo; in conserva con piccozza e sci in spalla saliamo su un pendio a 35° al Plateau du Couloir a 3680 mt cercando di anticipare la nebbia che avanza. Breve discesa sul ghiacciaio di Sonadon e risalita a piedi al Col du Sonadon 3500 mt. La discesa sul ghiacciaio du Mont Durand sotto la Tete de By,presenta lunghi traversi con piccoli pendii brevi ma belli. A circa 3000mt bisogna rimettere le pelli e risalire sul versante destro per 15 minuti per poi discendere fino a fondo valle a quota 2250mt. Qui si rimettono le pelli per la risalita alla Capanne du Chanrion 2642mt dove siamo per l’ora di pranzo. Un bel rosti formaggio e pancetta e’ il premio di mezzogiorno.Il tempo cambia e nel pomeriggio nevica anche leggermente. Cena scadente (voto 5). Coperto verso Sud che avanza anche in quota e sole velato e nevischio, dalle 6 alle 12.10 Mercoledi’ 23 Ci sono 5 cm di neve fresca dura. Gli sci lasciati all’esterno sono ghiacciati e occorre una buona pulizia ed ascugaggio per far aderire le pelli. All’inizio c’e’ da muoversi tra erba, sassi, poca neve anche con gli sci in spalla. E’ una lenta risalita sul lato destro della morena su e giu’ per poi entrare sul ghiacciaio del Breney, con a sinistra il ghiacciaio di Serpentine, fino al pendio ripido che e’ tutto in ombra. Le mani con i soli guanti di paille sono gelate al contatto con la neve fresca. Si sprofonda a volte fino all’inguine con ramponi e sci in spalla ma al termine si sono superati quasi 300mt. Poi e’ un lungo scivolo verso il colle di Breney 3638mt e la Pigne d’Arolla 3796mt dove tira un ventaccio da far volare via tutto! Arriva anche un po’ di nebbia e ci abbassiamo un po’ per attendere una schiarita. Inizia una lunga e superba discesa fino ad Arolla 2000mt che ha il suo massimo sul pendio sotto la Caban de Vignettes. E’ un vero piacere e una grande soddisfazione che ripaga le fatiche! Al paese dopo la bevanda al bar, pulmann fino a Sion ed in auto di nuovo ad Argentiere a recuperare l’altra auto e rientro a casa via traforo monte Bianco. Parzialmente coperto poi sole e nubi variabili e vento forte in Pigna, dalle 6.10 alle 14.15 6 giorni, 9 colli, circa 6000 mt di salita e tanto divertimento!

Tony

Cronaca di un derby: Giornate di prova e ripasso sulle cascate svizzere

Il giorno fatidico è giunto. Sabato si disputerà sul campo verticale ghiacciato in Val D’Avers (Svizzera) lo storico derby AGAI-Milano Vs SEM-Milano. Le convocazioni sono per le 6.45 in V.le Certosa. Il nostro CT, Nicolai Berzikov, assolutamente non preoccupato dalla sfida, alle 6.06 è ancora beatamente dormiente nel suo giaciglio, ma con proverbiale puntualità sovietica, ops svizzera, alle 6.45 nel posteggio di una nota multinazionale olandese del petrolio, sfodera i suoi elenchi e schemi ricordanti la Stele di Rosetta, per la sua difficoltà di decifrazione, e in pochi minuti gli equipaggi auto si formano e si parte. A prendere posizione in campo, qualche minuto prima, era partito il CT in seconda Ceccov (chiamato così per il suo pizzetto vagamente tardo ottocentesco di moda nella Mosca zarista) con alcuni compagni di squadra. Essendo già in tenuta da gara non ci si ferma all’Imperial Hotel Genziana, ma si raggiunge subito il campo da gioco.

Le squadre si dispongono in campo, a sinistra l’AGAI- Milano, a destra la SEM-Milano. Nicolai Berzikov non perde tempo e schiera subito la squadra su tre linee. In copertura la squadra C (che sta per Catenaccio), al centro la B (che sta per Barriera avanzata) e a contatto con le linee SEM, l’ultima linea, la A (che sta per Avanguardia Avanzata Ah pero!). La linea A, spronata da Ceccov, parte all’attacco e dimostra subito le sue capacità offensive salendo alcune vie senza l’utilizzo delle piccozze. Anche le seconde linee, seguite da Daniele Bernascicoh, tengono bene e danno molto contributo alla fase offensiva. Il CT Nicolai Berzikov, a bordo campo, con volto imperscrutabile, segue l’andamento favorevole dell’incontro. Il primo tempo si chiude con AGAI-Milano in rassicurante vantaggio e il secondo tempo, con la tranquillità del risultato, permette alla squadra di provare alcuni schemi e di essere filmati dallo stesso CT.

Il sole è ormai al tramonto, e la temperatura torna ad essere molto rigida. La partita è finita con il successo dell’AGAI-Milano ma anche la SEM-Milano ha fatto vedere un cascatismo di un certo livello. La prima linea A è già a bordo campo a spogliarsi quando, dall’alto della Curva Sud i soliti ultrà pensano bene di scagliare in campo una serie di oggetti sradicati dal vertice di una colata ghiacciata. La gragnuola di proiettili dalle diverse dimensioni investe in pieno le linee B e C. La nostra compagna Beatrice rimane contusa nella parte destra del corpo, ma il frigorifero più grosso colpisce in pieno sul casco il nostro compagno Luigi che, crollando sullo scivolo ghiacciato ai piedi del muro di gara, perde momentaneamente i sensi. Immediati i soccorsi dei nostri CT e anche, con encomiabile spirito di sportività e solidarietà, dei CT della SEM-Milano. Luigi fortunatamente riprende conoscenza e bisbiglia delle parole sicuramente di maggior senso rispetto a quelle dette dal capitano della Lazio ad esultanza dopo la vittoria nel derby capitolino.

Si attivano i soccorsi fuori dallo stadio e l’efficienza elvetica non tarda ad arrivare. Problemi di comprensione linguistica vengono fortunatamente risolti dall’unico nostro compagno di squadra straniero Lutz. Contenti del risultato, ma tristi per gli incidenti di fine partita, la squadra torna all’Imperial Hotel Genziana. Dopo lauta cena, e verificate le non complicazioni per la salute di Luigi, il nostro CT ci chiama a ritiro per il tradizionale ”Processo di Berzikov”. La moviola in campo non perdona: qualche tallone troppo alto, non sempre la ”terza gamba” maschile in asse con la piccozza di bloccaggio, e sopratutto, a conferma della spilorceria degli arrampicatori, sempre il ”braccetto corto” in fase di piccozzaggio. Si dorme! La domenica, giornata di ritiro tecnico, ci attende con lezioni di tecnica ed esercizi sulla verticalità.

Dopo un po’ di girovagare tra i campi minati dell’Esercito Svizzero e una lunga contrattazione con un alto esponente dello stesso che aveva scambiato le tracce dei ramponi con quelle dei cingolati dei carri armati nemici, ci accingiamo al muro iniziale di Civa’s regal. Ceccov, con un primo gruppetto, rimane negli spogliatoi con perfetto climatizzatore funzionante a -13°C ad illustrare tecniche di assicurazione mentre Nicolai Berzikov attrezza due bei tiri sostenuti di 20m in verticale. Quel che segue è una serie di tentativi di salita, di voli appesi, di continue prove, di triangoli evoluti, spaccate e appoggi. Il nostro CT non si accontenta e svela un segreto per addetti ai lavori: il famigerato Triangolo Super Evoluto!!! Praticamente per salire con questa tecnica è necessario avere tre attrezzi: due piccozze di ultima generazione e un palmare da tenere legato all’imbrago per segnarsi e ricordarsi tutte le varie fasi dell’esercizio. Sicuramente sono avvantaggiati i frequentatori di sale da ballo latino americano, scuole di tip-tap, ecc. Si mormora che questa tecnica sia stata mutuata da alcuni esercizi d’animazione tanto in voga nei villaggi caraibici…ma quanto dice il nostro ”grande padre” non si discute e si prova ad eseguire.

La giornata volge al termine, ci si rifocilla ampiamente, si aspetta Luigi per un abbraccio di saluto e si torna a Milano. Per chi scrive però la giornata non è ancora finita… Fare avances alla cascata, pur di riuscire a salire il tiro, a volte è pericoloso e così ai miei bacini ha risposto con un missile perforante sul mio labbro superiore. Al Pronto Soccorso, dopo aver visionato il catalogo ”labbra famose, e scartato il modello Lecciso, Marini e Parietti opto per un più discreto e impegnato Lilli Gruber. Il punto di sutura in questa posizione è molto molto doloroso perchè non si può anestetizzare, ma penso: ”se Rambo si è cucito uno sbrego di venti centimetri con un amo da pesca di tonni e un filo da 11mm senza minimamente cambiare espressione del viso (fortuna di Silvester Stallone) cosa sarà mai un punticino al labbro!” Stringo i denti ed è fatto! Alle 22.00 esco dal Pronto Soccorso e subito la lacrima sgorgata si ghiaccia sullo zigomo. Il messaggio è chiaro… presto bisogna tornare alle lacrime ghiacciate della Val di Cogne!!!

Paolo

Ghiaccio di Kandersteg e Livigno

KANDERSTEG …e così, dopo una sosta forzata di diciassette mesi ritorno al mio elemento preferito ”il ghiaccio”, in un fantastico luogo che non ha bisogno di presentazioni, basta il nome Kandersteg!! Sabato veniamo accolti da una bella giornata, ma la temperatura è scandalosa -18°: questo però non scoraggia la nostra guida, Alberto nè tanto meno il sottoscritto. Si parte destinazione Arbonium, la cascata è molto bella e discretamente impegnativa, e tutti e tre veniamo deliziati dai continui congelamenti e scongelamenti alle mani ma questo fa parte del gioco e si sopporta il tutto senza darci troppo peso. Tiro dopo tiro, in uno scenario strepitoso arriviamo in cima alla cascata, che ci riserva nel finale un tratto assai delicato, il famelico tubo sembra volerci inghiottire e Nicolò ci esorta a picozzare molto delicatamente!

Terminate le doppie rientriamo alla locanda, tutti e tre pensiamo già ad una doccia calda fumante e invece ci tocca, anzi mi tocca, farla con l’acqua fredda! Domenica la temperatura è decisamente più normale, Nicolò sale in scioltezza il primo tiro di Baretritt, ma i due clienti a metà danno forfait, il fisico è brasato dalla giornata di sabato. Ci dirigiamo su Grimm, decisamente più tranquilla della precedente ma non per questo meno bella, dove si conclude con mia grande soddisfazione e senza dubbio anche con quella dei miei due compagni di cordata questo bel week-end. LIVIGNO Questo week-end ci siamo diretti in alta Valtellina, nel livignasco dove le cascate abbondano e fortunatamente sono poco battute: speriamo che lo restino ancora per parecchio tempo! Venerdì ci siamo sitemati a casa mia a Santa Caterina e sabato mattina ci siamo diretti a Livigno dove abbiamo salito Waiting a Bebè.

Per arrivare alla base di questa cascata bisogna superare una dura prova: l’attraversamento del lago ghiacciato di Livigno che ha avuto i seguenti effetti: Nicolò a metà lago in predi ad una crisi mistica si è trasformato nel messia delle cascate e gridava ”cammino sulle acque”, io mi sono quasi cagato sotto nel sentire i tonfi sordi del ghiaccio che si assestava sotto i miei piedi, mentre Mario si è chiuso in un silenzio sepolcrale! Salvi e poco sani (di mente!) abbiamo attaccato la prima candeletta e siamo sbucati in un bellissimo anfiteatro ammantato da un’onda d’acqua gelata ma anche stracolma nel mezzo da neve di origine valanghiva, mentre alle nostre spalle il lago era illuminato dal sole, che spettacolo!! Proseguiamo tiro dopo tiro ma solo in cima alla cascata siamo stati riscaldati un po’ dal sole. MA veniamo a domenica: destinazione Shining Ice in Val Viera.

Questa bellissima valle, selvaggia e con colate ghiacciate veramente toste era letteralmente intasata dalle valanghe il che mi ha fatto presagire che l’avvicinamento alla cascata sarebbe stato tutt’altro che rilassante: abbiamo pestato neve affondando quasi fino al sedere praticamente per tutto il tragitto. Ogni tanto volevo dare il cambio a Nicolò ma lui ha resistito dando così prova della sua preparazione fisica : atleta non baracc! Ma anche io non sono stato da meno, gli stavo sempre attaccato al culo! La salita di questa bellissima cascata è discretamente lunga e tecnicamente interessante, per uscire dalla penultima candela abbiamo dovuto fare una sorta di dry tooling perchè il ghiaccio era sottile e cotto dal sole (che strizza!). Riassumendo: bellissima cascata + nuotata nelle neve in una valle stupenda senza anima viva (tranne i camosci) + guida alpina ok = è stato bellissimo, questa è la vera montagna.

Marco

Corso di alpinismo: relazione semiseria

11/8 Puntuali tutti si presentano per vivere insieme questa nuova ed itinerante avventura in quel di Chamonix, al cospetto di sua maestà…le Mont Blanc!! Ci siamo e caricate le 2 auto come muli si parte. Dai primi dialoghi si percepisce in ognuno di noi un modo diversi di vivere la montagna ed insieme formiamo un bel gruppo…almeno così sembra. Con Giulio al volante (e le sue gambe ancora sane) io, Alessandra e la ”guide de haute montagne”(Nicolò) cominciamo il nostro viaggio che vola via liscio e senza intoppi. Silvio, Donatella, Filippo e spider Dani (seconda guide de montagne) ci seguono. All’arrivo Chamonix ci accoglie con una caldazza incredibile, ma che panorama. Mancano ancora Willy e Roby ma sono in arrivo.

Ci sistemiamo in Gite e subito prima lezione. Controllo dei ramponi, delle piccozze e inizio delle manovre di corda sul prato. Prove per legarsi sul ghiacciaio, cordata da due e da tre, otto copiato, bulino, anelli, nodi a palla… insomma comincia così il primo tormentone di questa meravigliosa vacanza… ”velocità nelle manovre ragazzi” ripete Nico e mentre Donatella dimostra subito la sua destrezza legandosi perfettamente in nanosecondi, il sottoscritto sta ancora cercando di districare quella che sarà poi soprannominata l’anaconda!! Prima cena… e secondo fantastico tormentone… lui… ”le budin” (scritto come si pronuncia, chiaro!). Ci viene servito subito dopo una gustosa sbobba a base di carote, per quanto mi riguarda è la cosa più buona che ho mangiato in una settimana. Termina così questa prima giornata di corso… e la notte vedo nodi ovunque!!

12/8 Sveglia, colazione abbondante e trasferimento sulla Mer de Glace con il trenino. Giornata splendida.Ci dividiamo in due gruppi e facciamo lezione sull’uso dei ramponi e della piccozza su ghiaccio in un ambiente affascinante, contornato da cime che brillano al sole. Il gruppo si amalgama sempre di più e ci divertiamo senza faticare troppo. Scendiamo a Chamonix in tardo pomeriggio, doccia. A questo punto Giulio (quello che doveva essere il mio compagno di cordata nella salita finale) si accorge, togliendo gli scarponi, che i suoi polpacci sono circondati da una bolla in stile salsiccia arrotolata… le vesciche il secondo giorno, cerchiamo di aiutarlo con una cura a base di compeed a tappeto, ma il risultato non sarà dei migliori, purtroppo. A guardarlo mi viene da piangere, ma il nostro Giulio è uno stoico e non fa una piega. A cena spero ancora di vedere lui.. le budin… ma nulla, il vuoto!!

13/8 Lait, thee, chocolat?? Comincia così la nostra giornata… con questa fantastica cantilena di primo mattino che subito ci mette di buon umore! Altra bellissima giornata di sole, questa volta andiamo in falesia al Les Gaillands. Facciamo lezioni su roccia, sull’arrampicata con i ramponi e sulla progressione in conserva corta su terreno facile. Mi rendo conto, ascoltando le lezioni delle guide, di quante cose ci siano da apprendere e da conoscere per muoversi in sicurezza. Si sta rivelando un’esperienza importante e carica di significati e il bello deve ancora venire. A cena io e il mio socio decidiamo di portare 2 splendide bottiglie di vino che vengono subito apprezzate dal gruppo e dalle nostre guide, che certo non si fanno troppo pregare… vero Nico??

14/8 Levataccia… ci attende il Tacul, ma oggi nel giorno della nostra prima salita il cielo presenta delle velature già dal primo mattino, brutto segno! Giulio, nonostante le piaghe, calza gli scarponi senza battere ciglio e sale con noi… grande. Il resto del gruppo sta bene a parte che per un po’ di apprensione per quello che ci aspetta. Arrivati all’Aiguille du Midì il cielo è già grigio… velocità, velocità ecco la parola d’ordine… velocità nel gestire la corda e nel sistemarsi, ha ragione la nostra guide, ma la cosa non è proprio immediata. Sistemate le cordate si parte percorrendo una piccola parte della Midì-Plan che presenta già crepacci molto aperti. Senza grossi problemi scendiamo la crestina per cominciare poi la vera salita. Si sente subito lo sbalzo altimetrico improvviso e il fiato corto rallenta la progressione. I più allenati prendono subito il largo, io proseguo con Alessandra che nonostante la fatica non molla, il ragno di Lecco con Silvio e Filippo ci segue a ruota in questo dedalo di crepacci e dopo aver superato diversi saltini piuttosto ripidi arriviamo al punto critico in cui il gruppo si ricompatta. Un seracco verticale di circa 10 metri di altezza attrezzato con una pseudo scala di corda appesa dall’alto in un diedro ghiacciato nel quale in teoria bisognerebbe piantare i ramponi. Facile a dirsi!! Alcuni riescono a salire nonostante la fatica, altri no… giriamo i tacchi dei crampon e rientriamo al Ref. Cosmiques. Nel frattempo le condizioni meteo sono notevolmente peggiorate, le nuvole ormai basse avvolgono la nostra cima. Poco dopo il resto del gruppo che aveva superato il seracco ci raggiunge… nevicava e la visibilità era bassissima, meglio non fare cazzate. Così belli belli ci ritroviamo tutti intorno al tavolo e il pomeriggio scivola via ascoltando i racconti di spider Dani sulla sua esperienza in Patagonia, dove anche lui con la sua calma serafica è riuscito a perdere la pazienza. Grandi ghignate a cena con le nostre ”guides de montagne” … e le buden?? Nenache al Cosmiques? Ma non ci posso credere… carne con le prugne?? Ma che cazzo mangiano sti storditi?? ROBB DE MATT!! Note: non potrò mai dimenticare la faccia di Giulio appeso alla scala e quella di Filippo che mi ha fatto morir dal ridere. Complimenti a Willy e Donatella che nonostante lo sforzo fisico richiesto riescono a superare brillantemente la scala nel vuoto.

15/8 Ferragosto!!… NEVICA… ma dove siamo in una favola?? Dopo una notte appassionata tutti insieme in un camerone da 10, mi alzo verso le 6.00 e mi accorgo che fuori nevica e ha nevicato tutta la notte, le nuvole avvolgono il rifugio e allora? Aspettiamo le decisioni delle guides de montagne che dopo aver atteso un paio d’ore cazzeggiando quà e la decidono saggiamente di rientrare a Chamonix. E la nostra cresta di misto? Nada, nulla, tre giorni di preparazione e poi… purtroppo questa è la montagna, bisogna accettare il suo verdetto! Insomma anche per oggi ghe neint de fa!! Nel pomeriggio torniamo a Les Gaillands, dove comincia il delirio dei paranchi per il recupero da crepaccio… paranco d’aiuto, doppio, triplo… anelli, bulino, otto copiato, barcaiolo e via discorrendo, ricomincia il tormentone! Una cena superba a base di formaggio fuso e un fiume di vino concludono la nostra giornata… ormai ho perso le speranze di rivedere il mio buden ma sono contento il gruppo è caldo e siamo tutti un po’ brilli stasera, gran casino e grandi risate che vengono un po’ placate dall’arrivo di Mario (un’altra guide de montagne)… è lui l’esperienza!! Intasati di formaggio rientriamo in camera e senza commenti ognuno di noi si spegne!

16/8 Giornata di trasferimento. Si riparte per rientrare in Italia, più precisamente in Valsavaranche dove ci attende la salita al rifugio Chabod. Lentamente ci ritroviamo tutti intorno al solito tavolo per una pasta al sugo. Domenica ultimo giorno di corso, Nicolobe e spider Dani hanno previsto per noi la salita alla vetta del Gran PAradiso in autonomia… 4061m. Giulio sale con le scarpe, i suoi polpacci sono sfiniti da una settimana di torture… ma sfogherà la sua incazzatura diventando il trekker più veloce della Valsavara. Inoltre era stato designato come mio compagno di cordata ma niente da fare, va così. Cena e nottata tranquilla, il rifugio è bellissimo.

17/8 Ore 4.00 del mattino… squilla la sveglia del cell., ci siamo comincia la nostra avventura verso il Gran Paradiso. Le cordate sono così composte: io con Silvio, Nicolobe con Alessandra e Filippo, Spider Dani con Donatella, Willy e Roby ci hanno lasciato ieri e sono tornati a casa, Giulio vescica, ci seguirà fino all’attacco del ghiacciaio. Partiamo alle 4.50 e alla luce della frontale risaliamo la morena che ci porterà sul ghiacciaio. In testa Donatella non perde un colpo e dopo circa un’ora siamo all’attacco. Legati e imbragati percorriamo tra enormi buchi tutto il tratto di ghiacciaio che in circa tre ore ci conduce alla schiena d’asino dove finalmente il primo raggio di sole scalda le nostre teste. Tira vento, una sosta per mangiare la nostra amata barretta (vedi capitolo zaino leggero, in realtà mi mangerei anche la carne con le prugne!) e ripartiamo per il tratto, l’ultimo, più impegnativo. Dopo un’ennesima scala, questa volta in ferro, arriviamo alle roccette finali dove finalmente riesco a mettere in pratica le tecniche apprese questa settimana, assicurazione veloce su spuntoni di roccia, mezzo barcaiolo e via dicendo. Dani e Donatella sono i primi a toccare la madonnina posta sulla cima, io e Silvio subito dopo ma con l’ausilio, ahimè, di Daniele che mi aiuta a superare un passaggio per niente farlocco. Il panorama non è granchè, ma sono contento e felice… insomma appagato pienamente per la salita effettuata per nulla banale dallo Chabod. Silvio ha dimostrato tutte le sue grandi doti di camminatore impeccabile e con il suo 47 di piede anche i crepacci più ampi possono essere evitati senza salti. A ruota arriva anche la super cordatona di Nico, Alex e Filippo… tutti in cima! La discesa fila via senza intoppi tra un salto e l’altro, una foto e una bevuta! Al rifugia tutti in festa, foto di rito e ancora tante risate… E Giulio?? Beh, è arrivato all’attacco in pantaloncini, si è fumato un pagliozzo e ha deciso di scendere. chiaramente dopo 7 minuti era già sdraiato a prendere il sole! Termina così la nostra settimana. Pensiero finale… La montagna è una grande passione che avvicina persone diverse e sconosciute, facendole sentire unite e vicine… allontana i pensieri, tempra lo spirito e il corpo… ma soprattutto regala grandi emozioni a colui che è in grado di coglierle. Un grazie sincero a Giulio, Donatella, Alessandra, Filippo, Silvio, Willy e Roby per la loro simpatia e spensieratezza nella speranza un giorno di riuscire ad organizzare qualcosa insieme. Non può mancare un ringraziamento a Nicolò e Daniele, che oltre ad essere veri professionisti, hanno avuto una buona dose di pazienza del rispondere alle inevitabili duemila domande! Un grazie al gestore del Cosmiques per la sua fantastica carne con le prugne… robb de matt!

Silver

Bourg St. Pierre – Zermatt

Martedì 1 Dopo un mese di alta pressione e continuo bel tempo le previsioni per il giorno della partenza dell’alta via danno proprio ben brutto. Si decide di partire comunque e di provarci! Siamo in 8; Ci troviamo provenienti da diverse vie in tre auto a Varzo prima del confine elvetico per la cena. Rosita ha carta d’identità e passaporto scaduti ed è pronta a tornare indietro ma alla dogana nessun controllo. L’espatrio è riuscito e proseguiamo fino a Visp dove Nicolò ha prenotato la notte al Bildhunghaus St. Jodern gestito dalle suore che parlano solo deutsh ma ci intendiamo ugualmente e fissiamo la colazione per le 6.30. Il posto è ottimo e pure il trattamento.

Mercoledì 2 Sveglia ore 6, ottima e abbondante colazione e via alla stazione. La suora superiora ci saluta e ci dice che avremo una lunga giornata… Due auto sono posteggiate accanto alla stazione di polizia. Il mio zaino è il più pesante! Il treno è puntuale alle 7.20 per Martigny dove dopo 5 minuti parte il pullman per Aosta che ci lascia a Bourg St. Pierre alle 9. Nevica, in alto è coperto e non fa freddo. La meta è la Cabane de Valsorey 3030m; in basso c’è pochissima neve, si procede tra i sassi addentrandosi nella valle senza prender quota. Il tempo peggiora con vento e nebbia e freddo. La bevanda di Gianfranco diventa granitina! Adriana tormenta il suo ginocchio; gli occhiali si impastano di ghiaccio e non servono più, ghiaccioli su ciglia e baffi. Le dita delle mani sono congelate. C’è difficoltà a trovare il percorso, andiamo avanti e indietro due volte salendo fina a quota 2600m quando verso le 15.45 decidiamo di rientrare. La discesa è un calvario: all’inizio con le pelli, poi sci ai piedi poi a piedi sci i spalla poi ancora sci ai piedi fino a Bourg St. Pierre dove arriviamo alle 20; c’è ancora luce, sono ciuk! non sono riuscito a mangiare e bere nulla. Notte in Garni e ottima cena svizzera che risolleva morale e forze. Punta mignolo destro congelata.

Giovedì 3 Sveglia ore 7.Nevica leggero, colazione abbondante e pullman ore 9.20 per Martigny. Treno per Sion dove c’è anche il sole e poi bus per Arolla a 2000m dove siamo alle 14. La Dent Blanche è spettacolare vista da questa parte. Iniziamo la salita alla Cabanne de Vignettes 3165m. C’è traccia ma sopra i 2700 compare la nebbia e siamo al rifugio alle 17.45 appena in tempo per la cena alle 18. E’ tutto ottimo e chiediamo il bis. Il posto letto è con piumino ma stretto. Qualcuno (anche io) russa.; le guide dormono in altro locale dopo aver tracannato una bottiglia di vino con il gestore in grande allegria. Verso le tre di notte c’è un gran movimento verso i cessi situati nell’elegante dependance con passatoia di ghiaccio vivo. Punta mignolo destro congelata.

Venerdì 4 Sveglia ore 6.45, il cielo è azzurro, pieno sole, zero nuvole finalmente…Dopo abbondante colazione, imbrago e alle 8 via, siamo tra gli ultimi a lasciare il rifugio. Breve discesa al Col de Chermontane 3050m, e poi pelli e salita al colle sotto l’Eveque 3620m circa sulla traccia di Nicolò. Picca e ramponi, in tre cordate siamo in vetta all’Eveque 3716m verso mezzogiorno. C’è un panorama entusiasmante a 360° su tutte le Alpi. LA discesa su neve fresca è da gustare e si ritorna al Col Chermontane. Adriana torna al rifugio per via dei suoi guai al ginocchio; Cavallo Pazzo, custodito da Fabio, parte in quarta battendo traccia; gli altri si avviano dolcemente verso la Pigne d’Arolla 3790m. Alla fine verso le 16.40 siamo in vetta da soli, non c’è vento e sempre grande panorama mozzafiato. La discesa su neve dura è veloce e in 25 minuti siamo di nuovo alla Cabanne de Vignettes. Ci raggiungono Antonella e Maurizio (Mauri) di Morbegno allertati da Fabio sulle ottime condizioni meteo. Antonella si è portata anche il sacco a pelo memore di freddo patito in altri rifugi. Rosita fa pratiche orientali di massaggio. La cena è ottima e come la sera prima facciamo il bis di tutto. Il posto letto è sempre stretto, le persone in camerone sono aumentate, l’aria peggiora ed incrementano i rumori notturni. La più bella giornata del tour. Punta mignolo destro congelata.

Sabato 5 Alle 6.45 il copione è lo stesso del giorno prima come condizioni meteo e avvio di giornata. Dopo la breve discesa al Col Chermontane impelliamo e saliamo al Col de L’Eveque 3368m alle 10.30. Da qui inizia un discesone sul ghiacciaio alto di Arolla tra la Vierge e il M. Collon fino ai 2450m dei Plans de Bertol. Tutti offrono qualcosa da mangiare per alleggerirsi e non riportarselo a casa. Alle 11.20 cominciamo a salire con lunghi traversi sotto un gran sole alla Cabanne de Bertol 3311m; sulla via c’è un bimbo di 5 anni accompagnato dal papà che scendo dopo essere saliti in elicottero! Al rifugio siamo verso le 13.45 in tempo ancora per il ”Midi Croute” piatto speciale: crostone con formaggio, prosciutto, uovo al forno; costa un capitale ma vale! Il rifugio è nuovo, superpanoramico a pianta ottagonale, con una scaletta di 30m per arrivarci. Cavallo Pazzo, unico, ridiscende 300m di bel pendio e risale ma quando arriva il piatto speciale è finito. A cena c’è il doppio turno e chi mangia fronte alle finestre deve tenere gli occhiali per fronteggiare il sole che entra radente. Dopo il primo turno di cena non si sa dove stare; fuori c’è un gran vento e così si chiacchiera all’ingresso davanti alla cucina. Dormiamo insieme alle guide nell’attesa dei 2000m di discesa del giorno seguente.

Domenica 6 Lasciamo il rifugio per ultimi dopo la solita abbondante colazione verso le 8.15. LA giornata è splendida e fresca. Dopo un breve tratto in leggera discesa impelliamo e risaliamo verso la Tete Blanche 3724m. Verso la cima si scatena la bagarre e pure il vento fortissimo. Alle 10.20 in vetta non si può restare, tutto che molli vola via. Ci si deve abbassare subito fino al colle. Inizia la lunga discesa verso Zermatt, la neve non è granchè: prima dura e poi un po’ crostosa, un po’ soffice. Si aggira un punto delicato lasciando i numerosi crepacci a destra. Nicolò che è il primo perde uno sci e cade: lo sci è finito dentro un crepo! Per fortuna non precipita e riesce a recuperarlo subito. Siamo sotto la seraccata della Nord della Dent d’Herens. Il gruppo è omogeneo e la discesa veloce. Ci fermiamo sulla salle a manger sotto la parete ovest del Cervino. Poi è tutto un diagonale da lasciarsi andare con sosta sotto la parete nord del Cervino e con un breve tratto a piedi raggiungiamo la pista che porta a Furi e poi alla civiltà delle auto elettriche e della birra al bar della stazione al sole di Zermatt. Alle 14.10 il treno ci porta a Visp dove Fabio ha qualcosa da riportare alle suore. Sul vagone open space è tutto conti, commenti, impressioni e sogni di altri bellissimi tour futuri. Punta mignolo destro congelata.

Tony

Punta Dufour Cresta sud-est

La guida dei Monti d’Italia del CAI-TCI descrive la via che percorre la cresta sud-est con queste parole: ”via molto varia ed interessante, in ambiente magnifico e con vedute eccezionali”. Adesso, a poche ore di distanza dall’arrivo in cima, leggo queste parole contento di averle verificate personalmente. La gita inizia lunedì 29 luglio al solito appuntamento di Rho. Ferie dell’ultimo momento in ufficio (giocando su vari equivoci con il capo), resto della famiglia già in vacanza (trasferendosi da un alberghetto all’altro, aspettando lo scrivente a fine settimana con il materiale per poter andare finalmente a campeggiare), zaino impeccabilmente controllato mediante check-list (non si può certo rischiare di trovarsi senza ramponi quando sei già in rifugio!) Incontro a mezzogiorno la nostra Guida preferita (che fortunatamente, questa volta, non ci ha spaventati  come accaduto in passato con altri clienti) e con Rosita, venuta apposta da Trento per allenarsi all’imminente spedizione sull’Alpamayo peruviano (dopo averla vista sfrecciare sui ghiacciai o mentre scalava mi son chiesto varie volte se ne aveva veramente bisogno…). Arriviamo ad Alagna e mangiamo qualcosa nella pasticceria alla partenza della cabinovia. Anche se non siamo ancora partiti, chissà perchè siamo già affamati e mentre la signora del locale ci coccola con focaccine ed altre delizie, notiamo una curiosa produzione di materiale da arrampicata (moschettoni, discensori, ecc.) fatta di cioccolata; ci chiediamo se, unificando le funzioni di cibo e materiale da scalata, possiamo risparmiare peso nello zaino…ma poi pensiamo che si tratti solo di alimenti e rimandiamo l’acquisto al ritorno. Percorriamo rapidamente i tre salti di impianti fino a Punta Indren ed il breve percorso fino alla Gnifetti. Alle 18.30 siamo i primi in fila per la cena e ci sbrighiamo a mangiare per poterci dedicare al nostro passatempo preferito: il rubamazzetto! L’avvicente gioco a carte ci tiene svegli fino a notte alta. Andiamo infine a dormire e dopo la sveglia (all’una e trenta!) e la rapida colazione, partiamo verso le due. Le ore di marcia al buio, guardando con la luce della frontale solo i propri scarponi e la corda che ti unisce all’amico che precede, trascorrono come sempre: ci si concentra, un passo dopo l’altro, cercando di fare economia di energie e poi, quando il ritmo corretto è avviato si comincia a pensare alle cose più svariate. La lunghezza della salita si avverte quando Rosita ci chiede se abbiamo qualche tema da suggerirle come ulteriore impegno pensatorio per le prossime ore. A me, che in questi giorni sto leggendo le storie di alpinismo di Cassin, viene in mente la fantasiosa idea della ”Creazione dell’Uomo Rupe” destinato a resistere alle tempeste spaventose alle vertigini o al tormento dei bivacchi: ora in realtà, a parte la fatica per la progressione, non c’è alcun duro ostacolo da superare. Al contrario l’aria è tranquilla, non fa freddo e il cielo è sereno. Quando siamo al Colle del Lys è il momento di scegliere se scalare la Punta Dufour lungo la cresta Rey oppure proseguire per la normale dall’Italia. Prendiamo la decisione di continuare lungo quest’ultima ed alle prime luci dell’alba stiamo per scavalcare la Punta Zumstein. Adesso fa più freddo. Ci fermiamo per vestirci prima di ridiscendere seguendo la successiva lunga ed affilata cresta nevosa.: il paesaggio è bellissimo ed aereo, si vede il lago effimero ed alla nostra destra, 2000 metri più in basso Macugnaga, alla fine del gigantesco scivolo della parete est. Qui è veramente richiesta la sicurezza di piede descritta nella guida. Mi viene in mente la teoria che in casi del genere, se uno della cordata scivola da una parte, gli altri si devono buttare dall’altra. Evitiamo di verificare se la teoria funziona. Verso le 7.30 siamo in cima dove rimaniamo a lungo a goderci, al calore del sole, la vista incredibile dei 4000 circostanti. Rapida discesa a valle lungo la quale alcuni piccoli incidenti (piccozzata sulla mano, piccozza smarrita ma poi ritrovata, parabrezza dell’auto rotto…alla vigilia delle vacanze!) tentano di rovinare, ma senza riuscirci, l’entusiasmo per la bellissima gita. Non dimentichiamo di comprare il materiale da arrampicata (di cioccolato) e a metà pomeriggio sono già a casa a Milano a leggere gli email arrivati dall’ufficio durante il giorno. Leggo infine il messaggio della nostra Guida che completa come una ciliegina sulla torta la soddisfazione per il risultato: ”complimenti per la veloce ascensione”.

Alberto Indelicato

Il Ghiaccio di Cogne

Ed eccoci qua per vivere questa entusiasmante avventura in quel di Cogne, il paradiso dei ghiacciatori. Un’avventura che ci porterà a salire alcune di queste meravigliose colate che nei mesi invernali affiorano in tutta la loro bellezza e spettacolarità. Costi quel che costi…siamo tutti a spalmarci su questi ghiaccioli alla ricerca ancora una volta di sensazioni davvero uniche!

Levataccia, zaino pronto e accuratamente controllato e via verso la mitica Vallee dove altri componenti più alcune guide ci attendono al Bar Licone di Cogne. Un saluto, una colazione veloce, e preparate le cordate si parte per andare a scalare. La temperatura si aggira sui -2 e sopra le nostre teste il cielo è già perfettamente azzurro…spettacolo! Con Matteo e Carlo andiamo alla cascata di Lillaz, avvicinamento massacrante…10 minuti! La cascata non presenta particolari difficoltà, ma non per questo è meno bella delle altre. Dopo il secondo tiro giungiamo in un anfiteatro di ghiaccio meraviglioso, rimango veramente stupefatto di tanta bellezza. Il ghiaccio brilla alla luce del primo sole nelle sue forme più stravaganti, scaliamo ancora il 3 e 4 tiro senza problemi…è magnifico. Matteo, la nostra guida, di oggi è bravissimo, mentre sale lo ammiro per la facilità con cui accarezza il ghiaccio senza la minima fatica.

L’appuntamento a fine giornata è sempre al nostro bar di Cogne. Stanchezza… La serata all’hotel Belvedere è caratterizzata dalla presenza di un ghiacciatore di grido, Ezio Marlier che catalizza la nostra attenzione con i racconti più bizzarri… E’ qui che non poteva mancare il tormentone…una disquisizione sulle difficoltà del 7a umido o il 6b asciutto…l’8 incastrato o il 5 appoggiato…per me 8 sono solo gli gnocchi che ho sul piatto e non sono per niente umidi, scivolano giù che è un piacere, tipo imbuto e così tutto il resto della cena. A tavola volano occhiate strane…chi sa capirà…preoccupes no! Ore 23.15 tutti a nanna, due chiacchiere in compagnia, sembra di conoscersi da anni e invece…i miracoli dell’andare in montagna! Prima di addormentarmi ripasso mentalmente il triangolo evoluto, ma di evoluto c’è solo un fantastico letto.

Domenica Sveglia ore 7.15, accettabile. Colazione abbondante, ci aspetta un’altra giornata di ghiaccio, ma questa volta in tutti i sensi. Il termometro della voiture segna -4, neanche freddo se non fosse per un vento gelido che fa presagire una giornata piuttosto dura. Cambiano le cordate e oggi sono con Giò e Daniele, diretti in Valnontey verso Thoule. Avvicinamento ripido e più lungo di ieri ma nulla di preoccupante. All’attacco del primo tiro siamo in una conca dove fa un freddo glaciale, il vento non molla, ma bisogna salire, ci siamo. Due tiri in tutto, il primo sugli 80/85 gradi ma molto lavorato, si fa scalare tranquillamente. Arriviamo in sosta tutti gelati ma l’ambiente ci ripaga della fatica e del freddo…ma dde chee!! Aspetto che Giò e Dani arrivino in sosta sulla seconda lunghezza e poi parto. Davanti a me si erge un muro breve ma davvero verticale, 90 secchi senza storie. Daniele, grande sale incazzato come un lupo, trita il ghiaccio a furia di piccozzate e arriva in sosta. Io salgo, ripasso mentalmente il triangolo ma è davvero dura…comunque arrivo! Sulla seconda sosta, attrezzata su un albero, vedo 2 pezzi di ghiaccio che ciondolano, sono Giò e Daniele. Benissimo, daisy, secchiello e via due doppie veloci e siamo alla base della cascata e le picche? Beh lasa stà va là…soprassediamo.

Ritornando verso la macchina rivedo le immagini di questi due giorni, forse troppo pochi per assaporare veramente un distacco netto dalla realtà quotidiana. Tornati al mitico bar ci si ritrova di nuovo per commentare la giornata e mi rendo conto che purtroppo la nostra gita volge al termine, è già ora di partire. Sui partecipanti… Marco: penso unico davvero, inimitabile…torna con il naso rotto e non fa una piega! Daniele: trita tutto… Paolo: fortissimo Donatella: per lei ”è tutto relativo” basta che sia verticale Matteo (guida): cammina sul ghiaccio Giovanni (guida): Silver…le picche sull’albero…noooo! Nicolò (guida istruttore): scala solo con quelli esperti!! Fabio (guida istruttore): detto anche Salis…un’altra grande Guide de Haute Montagne della Val Chiavenna, il padrone del mitico Crotto ”Refrigerio”, pardon ”Quartino”…una guida davvero professional, trendy, insomma un po’ fashion che sfoggia capi insoliti e alla moda… Un po’ incremato ma grande scalatore, unico neo? Un beauty -case leopardato bianco-nero da sfoggiare solo nelle migliori occasioni, Salis sei mitico! ah, dimenticavo, anche lui scala solo con quelli bravi! Riflessione; una frase detta poco prima del rientro a Milano, forse da Dani, non ricordo bene: ”e ora torniamo nella mediocrità…”

Silver

La mia prima Haute Route

Fare questa traversata costituisce un’esperienza indimenticabile che tutti gli scialpinisti dovrebbero provare! Se il meteo e’ dalla vostra parte, come lo e’ stato dalla nostra, la più famosa delle haute route scialpinistiche delle alpi, il viaggiare con gli sci fra il Monte Bianco ed il Grand Combin, non può deludere neppure il più navigato degli scialpinisti, e si trasforma inconsapevolmente in un cumulo di sensazioni difficili da scrivere sulla carta. Ma ci proviamo lo stesso, anche perchè se non lo faccio, Nicolò non sgancia il CD con le foto, che a dir suo sono superbe!!

Lo zaino e’ subito pronto, la lista dei materiali per 6 giorni e’ quella di sempre, come per le gite su ghiacciaio di un giorno più un eventuale cambio, just in case uno puzzasse più del previsto. Meglio. Lo zaino è già pesante di suo, immancabili poi i 6 cheerpacks, 1/die, di enervitene che metabolicamente e psicologicamente aiutano a superare quasi qualunque difficoltà si presenti. Bene, anzi, MOLTO BENE! Si parte, e si conoscono i compagni di viaggio, ops, il compagno di avventura, oltre a Nicolò c’e’ solo Tony, arzillo cinquantenne, e gli altri? Nessun altro e’ riuscito a ritagliarsi 4 giorni di ferie da trascorrere fra fatica e soddisfazione di salire e scendere da colli innevati? Peggio per loro! Noi partiamo e facciamo il solito giochetto di lasciare macchine un po’ ovunque in giro per la Svizzera/Francia.

G1: Argentiere – Cabane du Trient Prima salita, in funivia! E prima discesa, che spettacolo! il Bianco ci guarda le spalle e in men che non si dica, dopo un tot di piegamenti e distensioni, stiamo attraversando un mare piatto, bianco, il Glacier d’Argentiere. La salita al Col Chardonnet mi riporta alla realtà delle infilate di punta, ma anche in cima al primo dei tanti colli da dove ramponi ai piedi e sci in spalla ci si cala senza problemi, grazie ai 60 metri di corda che Nicolò si sta portando appresso e suvvia Nicolò portare un chiletto di corda in più (60 m invece di 30 m) ne e’ valsa veramente la pena!! Si continua a scendere, stavolta sci ai piedi, ma per poco, rimesse le pelli si sale alla Fenetre de Saleina, e dove il pendio si fa troppo ripido, gli sci passano da sotto i piedi sulle spalle. Faremo cosi tante volte questi movimenti che diventeremo bravissimi e velocissimi nei cambi pelli ON/OFF ramponi ON/OFF sci ai piedi/sci in spalla, provare per credere! Il cielo così blu, il Plateau du Trient così bianco, calmo, immobile ed immenso mi fanno stare bene, e rimesse le pelli risaliamo gli ultimi metri che ci separano dalla prima cena svizzera. Insalata con verdura fresca e noci. Pasta, piccante ma buona. Purea di mele.

G2: Cabane du Trient – La Fouly Oggi ci aspetta la mitica variante del Grand Lui. Già, perchè prendere mezzi stradali quando in realtà se ne può fare a meno? La guida, quella cartacea, dice variante per sciatori molto esperti, Tony una certa esperienza l’ha sicuramente, e io?, forse se sto vicino a Nicolo’ ne recupero un pochino per osmosi all’ultimo momento! Si parte che e’ ancora buio, saliamo silenziosamente fino ad un passaggio, Col de Plines e silenziosamente scendiamo per il Glacier des Plines ed il Glacier de Saleina. La neve e’ dura e ghiacciata ma tiene bene ed i colori dell’alba ci avvolgono. Messe le pelli, risaliamo il Glacier de Saleina fin dove la pendenza del pendio lo consente verso il Col de Saleina. Il Grand Lui e’ alla nostra destra e Nicolò sopra di noi sta allestendo la prima sosta dei tre tiri da 60 mt. che ci porteranno a scavalcare il Colle. E’ la mia prima paretina nord, sono soddisfatta, le condizioni non particolarmente difficili della neve e la tranquillità dei miei compagni sono di supporto. Via pelli, via ramponi e sci ai piedi, si scende. Giù per il Glacier de l’A Neuve, una delle più belle discese di tutto l’haute route, quasi 2000 m di fantastiche curve in ambiente spettacolare e con neve bellissima, almeno nella parte più alta, più patocca ma accettabile nella parte bassa. Eccoci arrivati a La Fouly, questa sera gran lusso, Edelweiss Hotel, camere con doccia! Ci concediamo anche una merenda di salumi e formaggi. Insalata. Anatra con verdure. Macedonia? Non ricordo.

G3: La Fouly – Bourg St. Pierre Si riparte sci in spalla, prima per raggiungere la stradina per Ferret e poi più di una volta per attraversare gli scogli di ghiaccio creati dalle numerose valanghe cadute nei giorni precedenti. Passando di valle in valle Nicolò ci da’ lezioni di geografia, oggi nei miei ricordi si sono fissate le Grandes Jorasses che sbucano in alto alle nostre spalle. I pendii che conducono al colle de Planard sono di tutto rispetto per la pendenza e per le condizioni della neve, dura e gelata sul primo, molto pesante sul secondo. E’ la prima volta che temo veramente il pericolo che mi si stacchi tutto sotto i piedi, forse esagero ma la paura mi tiene allerta, leggera e veloce, per quanto mi è possibile, nell’arrivare in cima all’ennesimo colle. L’esposizione del pendio e la pendenza certo non giocano a nostro favore e ora capisco bene perchè le nostre sveglie sono sempre state anticipate di 1-2 ore rispetto alle precedenti haute route, Chamonix-Arolla/Zermatt, descritte su K-one. Occorre tener conto dei miei tempi di salita e contemporaneamente passare alcuni tratti prima che il sole li baci troppo, bravo Nicolò nel calcolare uno e l’altro. Per oggi le pelli hanno fatto il loro dovere, si scende, la neve e’ bella, la sciata un po’ meno, si e’ costretti a lunghi tratti in traverso, ma l’ambiente, sempre spettacolare, ripaga delle fatiche. La giornata si conclude con un paio di km a piedi, sci in spalla per raggiungere Bourg St. Pierre, che però si sopportano bene in vista di una seconda doccia. Fonduta, salumi e gelato.

G4: Bourg St. Pierre Cabane de Valsorey Alla pensione non si riesce a fare colazione prima delle 7 per cui oggi si parte tardi pelli ai piedi alle 8 e si comincia la salita, oggi sarà solo salita e che salita! Sento vicina la crisi del quarto giorno, ma non ho molto il tempo per ascoltare perchè dopo una breve tratto in salita dobbiamo scendere lungo il torrente, in alto non c’e’ abbastanza neve e non si sa dove passare, così con non poche difficoltà guadiamo il piccolo corso d’acqua, penso veramente che Tony avanti a me abbia i piedi ammollo, fortunatamente la sponda nevosa tiene ed il peggio sembra essere passato. Un lungo falso piano ci porta all’imbocco di un canyon, che risaliamo. Un’altro falso piano ci attende e poi l’ultimo pendio. I 400 m in salita più lunghi di tutti la traversata. Il sole cocente sublima la neve che metto nel cappello per raffreddare la testa. E’ la prima volta che vedere ancora Nicolò e Tony zigzagare sopra di me, mi getta nello sconforto, anche loro ben più in alto di me non sono ancora giunti alla meta, mi sembra di non arrivare più. E’ stata l’unica volta in sei giorni in cui devo aver pensato (solo per una manciata di minuti però) che essere dove ero non mi ripagava dello sforzo. Ma una volta arrivati, una buonissima torta con the caldo e un po’ di stretching risollevano velocemente energie e morale a tutti. Minestra. Spezzatino con verdure. Macedonia.

G5: Cabane de Valsorey – Cabane de Chanrion Le previsioni del tempo danno peggioramento in tarda mattinata, anticipiamo il più possibile la partenza, i rampanti agli sci aiutano a non scivolare sulla neve ghiacciata, risaliamo prima con gli sci poi coi ramponi in cordata il Glacier du Meitin. Breve discesa sul Plateau de Coluoir e risalita al Col du Sonadon. La visibilità è ancora buona ma le nuvole ci inseguono, via le pelli, si scende per il Glacier du Mont Durand. In discesa, alcuni tratti ghiacciati fra crepacci e roccette richiedono particolare attenzione, riusciamo comunque a raggiungere il fondo valle per risalire al rifugio in tempo prima che inizi a nevicare. In premio ci regaliamo un succulento piatto di pasta io e Nicolò, ed un fumante rosti, Tony. Il pomeriggio e’ dedicato al meritato riposo. Fuori nevica, ma le previsioni svizzere, che non sbagliano mai, danno bel tempo per il giorno dopo, noi ci crediamo e Nicolò sceglie con cura quale dei tre ghiacciai risalire per raggiungere la vetta della Pigne d’Arolla. Minestra. Riso al curry. Mela. Peggior cena della settimana.

G6: Cabane de Chanrion – Arolla Ultimo giorno, un po’ mi spiace ma se mi guardo allo specchio, gli occhi troppo gonfi per le notti insonni (i russatori dovrebbero proprio dormire in camere separate! magari con le guide?) mi suggeriscono che forse non sopporterei un’altra notte in rifugio, quindi raccogliamo le ultime forze per l’ultima salita del giro, quella per altro che conduce ad una cima anzichè ad un colle. Risaliamo la morena fino ad immetterci sul Glacier du Breney, ovviamente abbiamo scelto la via più breve, e questo comporta 200 m di dislivello ramponi ai piedi, ma ormai siamo esperti e guadagnare un po’ di dislivello in minor tempo fa piacere a tutti, me compresa, nonostante la fatica. E’ l’unico giorno in cui il freddo si fa sentire, l’aria e’ pungente ma sopportabile, Tony che purtroppo ha perso i guanti pesanti due giorni prima non accusa mignoli congelati! Un lungo sviluppo poi coprirà gli altri 500 m di dislivello che ci porteranno in cima alla Pigne d’Arolla, la salita e’ finita. Avvolti nelle nuvole togliamo le pelli per l’ultima volta e ci prepariamo ad una bellissima discesa. Aspettiamo che la nebbia si diradi un pochino, quanto basta per farci godere quel pendio che fatto con gambe fresche sarebbe una vera goduria, ma va bene anche cosi. Nicolò saltella una curva a destra e una a sinistra, Tony, più cauto, tiene il ritmo, io faccio quello che posso ma mi diverto tanto. La neve dell’ultimo tratto diventa pesante, ma le piste di Arolla sono vicine e qui si conclude la nostra meravigliosa sciata dell’ultimo giorno ed anche l’haute route. Mi accorgo ora di non aver mai santificato le numerose soste mangerecce che ci siamo concessi, cioccolato e frutta secca, che Tony elargiva, il mio zaino conteneva quasi esclusivamente enerviterne, quello di Nicolò, solo la corda da 60 m. Sono state piacevoli breaks, momenti di recupero e riflessione, di immagazzinamento di immagini e sensazioni. Il non aver mai citato le varie quote raggiunte, invece, non e’ stata una dimenticanza, le haute route non si misurano in vette raggiunte, ma nell’incredibile fascino di aver attraversato, con i soli sci, vallate bellissime. Ringrazio Nicolò per avermi convinto che ce l’avrei fatta e Tony aver mantenuto il mio passo!

Mariagrazia

Trekking e alpinismo in Ladakh

Il Ladakh è la parte nord orientale della regione del Jammu e Kashmir, in India, vicino ai confini cinese e pakistano. E’ la parte più tranquilla della regione, a maggioranza buddhista e dal punto di vista dell’ambiente e dell’atmosfera che si respira è semplicemente straordinario. In Ladakh si vive davvero ancora la spiritualità che permea la vita quotidiana, grazie ad una natura desertica e arida ma assolutamente affascinante, molto lontana dai panorami cui siamo abituati noi.

Ladakh è la terra dei passaggi alti, delle montagne rivestite di neve, dei laghi blu azzurro ed è tra altipiani più alti popolati del mondo. Fare trekking in Ladakh offre una grande diversità con il suo paesaggio eccezionale e la cultura unica, dal verde delle oasi delle Valli nascoste agli altopiani con abbondanza di fauna selvatica, nomadi, di zone umide, sorgenti, pascoli, ruscelli, e i famosi laghi come Tsomoriri, Tsokar & The Pangong. Culturalmente si incontrano nei villaggi remoti e antichi monasteri, come quello del Ladakh e Zanskar, che sono terreno ideale per i viaggi di pellegrinaggio, e questi sono i pilastri secolari del buddismo tibetano.

I numerosi monasteri, ospitano ancora oggi centinaia di monaci, in particolare a Tiksey c’è una scuola con numerosi bambini che studiano per diventare monaci. In questa regione così affascinante si può percorrere un bellissimo trekking che in 7 giorni porta ad un passo oltre i 4700m e quindi al campo base dello Stok Kangri (6123m), trekking peak facile che chiunque abbia esperienza di utilizzo di ramponi e piccozza potrà salire. Durante il trekking meglio essere autonomi (pernottamento in tenda, cibo e cuoco al seguito, cavalli per portare i carichi) perché i piccolissimi villaggi che si incontrano non offrono possibilità di alloggio. Il trekking si snoda attraverso questa parte così suggestiva della catena Himalayana e offre panorami mozzafiato. Anche la visita dei monasteri (Tiksey e Likir), della cittadina di Leh, della moderna Dehli capitale dell’India e di Agra, con il suo splendido e suggestivo Taj Mahal rappresentano una parte importante di questa esperienza. La salita dello Stok Kangri è pensata come la prima esperienza oltre i 6000m.