La mia prima Haute Route

Fare questa traversata costituisce un’esperienza indimenticabile che tutti gli scialpinisti dovrebbero provare! Se il meteo e’ dalla vostra parte, come lo e’ stato dalla nostra, la più famosa delle haute route scialpinistiche delle alpi, il viaggiare con gli sci fra il Monte Bianco ed il Grand Combin, non può deludere neppure il più navigato degli scialpinisti, e si trasforma inconsapevolmente in un cumulo di sensazioni difficili da scrivere sulla carta. Ma ci proviamo lo stesso, anche perchè se non lo faccio, Nicolò non sgancia il CD con le foto, che a dir suo sono superbe!!

Lo zaino e’ subito pronto, la lista dei materiali per 6 giorni e’ quella di sempre, come per le gite su ghiacciaio di un giorno più un eventuale cambio, just in case uno puzzasse più del previsto. Meglio. Lo zaino è già pesante di suo, immancabili poi i 6 cheerpacks, 1/die, di enervitene che metabolicamente e psicologicamente aiutano a superare quasi qualunque difficoltà si presenti. Bene, anzi, MOLTO BENE! Si parte, e si conoscono i compagni di viaggio, ops, il compagno di avventura, oltre a Nicolò c’e’ solo Tony, arzillo cinquantenne, e gli altri? Nessun altro e’ riuscito a ritagliarsi 4 giorni di ferie da trascorrere fra fatica e soddisfazione di salire e scendere da colli innevati? Peggio per loro! Noi partiamo e facciamo il solito giochetto di lasciare macchine un po’ ovunque in giro per la Svizzera/Francia.

G1: Argentiere – Cabane du Trient Prima salita, in funivia! E prima discesa, che spettacolo! il Bianco ci guarda le spalle e in men che non si dica, dopo un tot di piegamenti e distensioni, stiamo attraversando un mare piatto, bianco, il Glacier d’Argentiere. La salita al Col Chardonnet mi riporta alla realtà delle infilate di punta, ma anche in cima al primo dei tanti colli da dove ramponi ai piedi e sci in spalla ci si cala senza problemi, grazie ai 60 metri di corda che Nicolò si sta portando appresso e suvvia Nicolò portare un chiletto di corda in più (60 m invece di 30 m) ne e’ valsa veramente la pena!! Si continua a scendere, stavolta sci ai piedi, ma per poco, rimesse le pelli si sale alla Fenetre de Saleina, e dove il pendio si fa troppo ripido, gli sci passano da sotto i piedi sulle spalle. Faremo cosi tante volte questi movimenti che diventeremo bravissimi e velocissimi nei cambi pelli ON/OFF ramponi ON/OFF sci ai piedi/sci in spalla, provare per credere! Il cielo così blu, il Plateau du Trient così bianco, calmo, immobile ed immenso mi fanno stare bene, e rimesse le pelli risaliamo gli ultimi metri che ci separano dalla prima cena svizzera. Insalata con verdura fresca e noci. Pasta, piccante ma buona. Purea di mele.

G2: Cabane du Trient – La Fouly Oggi ci aspetta la mitica variante del Grand Lui. Già, perchè prendere mezzi stradali quando in realtà se ne può fare a meno? La guida, quella cartacea, dice variante per sciatori molto esperti, Tony una certa esperienza l’ha sicuramente, e io?, forse se sto vicino a Nicolo’ ne recupero un pochino per osmosi all’ultimo momento! Si parte che e’ ancora buio, saliamo silenziosamente fino ad un passaggio, Col de Plines e silenziosamente scendiamo per il Glacier des Plines ed il Glacier de Saleina. La neve e’ dura e ghiacciata ma tiene bene ed i colori dell’alba ci avvolgono. Messe le pelli, risaliamo il Glacier de Saleina fin dove la pendenza del pendio lo consente verso il Col de Saleina. Il Grand Lui e’ alla nostra destra e Nicolò sopra di noi sta allestendo la prima sosta dei tre tiri da 60 mt. che ci porteranno a scavalcare il Colle. E’ la mia prima paretina nord, sono soddisfatta, le condizioni non particolarmente difficili della neve e la tranquillità dei miei compagni sono di supporto. Via pelli, via ramponi e sci ai piedi, si scende. Giù per il Glacier de l’A Neuve, una delle più belle discese di tutto l’haute route, quasi 2000 m di fantastiche curve in ambiente spettacolare e con neve bellissima, almeno nella parte più alta, più patocca ma accettabile nella parte bassa. Eccoci arrivati a La Fouly, questa sera gran lusso, Edelweiss Hotel, camere con doccia! Ci concediamo anche una merenda di salumi e formaggi. Insalata. Anatra con verdure. Macedonia? Non ricordo.

G3: La Fouly – Bourg St. Pierre Si riparte sci in spalla, prima per raggiungere la stradina per Ferret e poi più di una volta per attraversare gli scogli di ghiaccio creati dalle numerose valanghe cadute nei giorni precedenti. Passando di valle in valle Nicolò ci da’ lezioni di geografia, oggi nei miei ricordi si sono fissate le Grandes Jorasses che sbucano in alto alle nostre spalle. I pendii che conducono al colle de Planard sono di tutto rispetto per la pendenza e per le condizioni della neve, dura e gelata sul primo, molto pesante sul secondo. E’ la prima volta che temo veramente il pericolo che mi si stacchi tutto sotto i piedi, forse esagero ma la paura mi tiene allerta, leggera e veloce, per quanto mi è possibile, nell’arrivare in cima all’ennesimo colle. L’esposizione del pendio e la pendenza certo non giocano a nostro favore e ora capisco bene perchè le nostre sveglie sono sempre state anticipate di 1-2 ore rispetto alle precedenti haute route, Chamonix-Arolla/Zermatt, descritte su K-one. Occorre tener conto dei miei tempi di salita e contemporaneamente passare alcuni tratti prima che il sole li baci troppo, bravo Nicolò nel calcolare uno e l’altro. Per oggi le pelli hanno fatto il loro dovere, si scende, la neve e’ bella, la sciata un po’ meno, si e’ costretti a lunghi tratti in traverso, ma l’ambiente, sempre spettacolare, ripaga delle fatiche. La giornata si conclude con un paio di km a piedi, sci in spalla per raggiungere Bourg St. Pierre, che però si sopportano bene in vista di una seconda doccia. Fonduta, salumi e gelato.

G4: Bourg St. Pierre Cabane de Valsorey Alla pensione non si riesce a fare colazione prima delle 7 per cui oggi si parte tardi pelli ai piedi alle 8 e si comincia la salita, oggi sarà solo salita e che salita! Sento vicina la crisi del quarto giorno, ma non ho molto il tempo per ascoltare perchè dopo una breve tratto in salita dobbiamo scendere lungo il torrente, in alto non c’e’ abbastanza neve e non si sa dove passare, così con non poche difficoltà guadiamo il piccolo corso d’acqua, penso veramente che Tony avanti a me abbia i piedi ammollo, fortunatamente la sponda nevosa tiene ed il peggio sembra essere passato. Un lungo falso piano ci porta all’imbocco di un canyon, che risaliamo. Un’altro falso piano ci attende e poi l’ultimo pendio. I 400 m in salita più lunghi di tutti la traversata. Il sole cocente sublima la neve che metto nel cappello per raffreddare la testa. E’ la prima volta che vedere ancora Nicolò e Tony zigzagare sopra di me, mi getta nello sconforto, anche loro ben più in alto di me non sono ancora giunti alla meta, mi sembra di non arrivare più. E’ stata l’unica volta in sei giorni in cui devo aver pensato (solo per una manciata di minuti però) che essere dove ero non mi ripagava dello sforzo. Ma una volta arrivati, una buonissima torta con the caldo e un po’ di stretching risollevano velocemente energie e morale a tutti. Minestra. Spezzatino con verdure. Macedonia.

G5: Cabane de Valsorey – Cabane de Chanrion Le previsioni del tempo danno peggioramento in tarda mattinata, anticipiamo il più possibile la partenza, i rampanti agli sci aiutano a non scivolare sulla neve ghiacciata, risaliamo prima con gli sci poi coi ramponi in cordata il Glacier du Meitin. Breve discesa sul Plateau de Coluoir e risalita al Col du Sonadon. La visibilità è ancora buona ma le nuvole ci inseguono, via le pelli, si scende per il Glacier du Mont Durand. In discesa, alcuni tratti ghiacciati fra crepacci e roccette richiedono particolare attenzione, riusciamo comunque a raggiungere il fondo valle per risalire al rifugio in tempo prima che inizi a nevicare. In premio ci regaliamo un succulento piatto di pasta io e Nicolò, ed un fumante rosti, Tony. Il pomeriggio e’ dedicato al meritato riposo. Fuori nevica, ma le previsioni svizzere, che non sbagliano mai, danno bel tempo per il giorno dopo, noi ci crediamo e Nicolò sceglie con cura quale dei tre ghiacciai risalire per raggiungere la vetta della Pigne d’Arolla. Minestra. Riso al curry. Mela. Peggior cena della settimana.

G6: Cabane de Chanrion – Arolla Ultimo giorno, un po’ mi spiace ma se mi guardo allo specchio, gli occhi troppo gonfi per le notti insonni (i russatori dovrebbero proprio dormire in camere separate! magari con le guide?) mi suggeriscono che forse non sopporterei un’altra notte in rifugio, quindi raccogliamo le ultime forze per l’ultima salita del giro, quella per altro che conduce ad una cima anzichè ad un colle. Risaliamo la morena fino ad immetterci sul Glacier du Breney, ovviamente abbiamo scelto la via più breve, e questo comporta 200 m di dislivello ramponi ai piedi, ma ormai siamo esperti e guadagnare un po’ di dislivello in minor tempo fa piacere a tutti, me compresa, nonostante la fatica. E’ l’unico giorno in cui il freddo si fa sentire, l’aria e’ pungente ma sopportabile, Tony che purtroppo ha perso i guanti pesanti due giorni prima non accusa mignoli congelati! Un lungo sviluppo poi coprirà gli altri 500 m di dislivello che ci porteranno in cima alla Pigne d’Arolla, la salita e’ finita. Avvolti nelle nuvole togliamo le pelli per l’ultima volta e ci prepariamo ad una bellissima discesa. Aspettiamo che la nebbia si diradi un pochino, quanto basta per farci godere quel pendio che fatto con gambe fresche sarebbe una vera goduria, ma va bene anche cosi. Nicolò saltella una curva a destra e una a sinistra, Tony, più cauto, tiene il ritmo, io faccio quello che posso ma mi diverto tanto. La neve dell’ultimo tratto diventa pesante, ma le piste di Arolla sono vicine e qui si conclude la nostra meravigliosa sciata dell’ultimo giorno ed anche l’haute route. Mi accorgo ora di non aver mai santificato le numerose soste mangerecce che ci siamo concessi, cioccolato e frutta secca, che Tony elargiva, il mio zaino conteneva quasi esclusivamente enerviterne, quello di Nicolò, solo la corda da 60 m. Sono state piacevoli breaks, momenti di recupero e riflessione, di immagazzinamento di immagini e sensazioni. Il non aver mai citato le varie quote raggiunte, invece, non e’ stata una dimenticanza, le haute route non si misurano in vette raggiunte, ma nell’incredibile fascino di aver attraversato, con i soli sci, vallate bellissime. Ringrazio Nicolò per avermi convinto che ce l’avrei fatta e Tony aver mantenuto il mio passo!

Mariagrazia

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